Alle radici del commissario Aldani: la Biblioteca Oliveriana di Pesaro

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Avevo preannunciato che avrei svelato un piccolo segreto sulla genesi del mio personaggio, il commissario Aldani, e così ho fatto nel corso dell’incontro con l’autore organizzato lo scorso 7 settembre da Pesaro Città che Legge e ospitato nel cortile della Biblioteca e Musei Oliveriani di Pesaro. Per i più pazienti, rimando alla registrazione integrale della diretta Facebook (link in calce).

Ho avuto il piacere di conversare con due cari amici quali Brunella Paolini, “padrona di casa” in quanto direttore dell’Oliveriana, e Antonino Di Gregorio, “mattatore” della serata e che già mi fu accanto per la presentazione di Marea tossica a Pesaro.

Molte le domande, brillanti e mai banali, a volte quasi difficili, cui ho tentato di replicare, il tutto inframezzato dalla nitida voce di Francesca Ferrante che ha letto alcuni brani dal romanzo.

La vista è bella da qui… (foto Antonino Di Gregorio).

Prima di addentrarmi nella cronaca della serata voglio però esternare la mia gioia nell’essere stato invitato in un vero e proprio tempio della cultura (lo so, suona retorico, ma l’ho scritto apposta), una di quelle biblioteche storiche italiane che custodiscono patrimoni librari inestimabili e che il mondo, letteralmente, ci invidia. Vorrei aggiungere che a volte il mondo le apprezza anche molto più di coloro che dovrebbero legiferare per preservarle e valorizzarle, ma qui si rischia la polemica e glisserò.

Le quattro indagini del commissario Aldani occhieggiano dal banchetto!

L’Oliveriana è una biblioteca che custodisce migliaia di documenti e libri antichi (disegni, spartiti, pergamene, manoscritti medievali, incunaboli, cinquecentine) e moderni, oltre all’emeroteca dal Settecento e all’archivio storico del comune dal Quattrocento. Che altro aggiungere?  Forse che la serata è stata per me una sorta di chiusura di un cerchio. Mi spiego meglio.

Ho iniziato a frequentare l’Oliveriana molti anni fa grazie a Brunella Paolini, insieme alla quale ho lavorato a progetti di archivi digitali in tempi pionieristici. Ma Brunella la conoscevo anche da prima, e posso dire con orgoglio che è stata una tra le mie prime lettrici, prim’ancora che il racconto primigenio di Aldani vedesse la luce. E arrivo proprio a quello.

Due delle 169 illustrazioni xilografiche dell’edizione originale del 1499 del Polifilo (foto Wikimedia id776990).

Dunque, andò così. Nel lontano 1999 decisi di partecipare al concorso letterario Gran Giallo Città di Cattolica edizione 2000, così cominciai a ragionare alla trama per un racconto. Nota bene: non avevo mai scritto un giallo in vita mia (ma nemmeno un noir o un thriller – se si eccettua un breve racconto sul tema cyber crime), essendomi dilettato in tutt’altri generi. Non ricordo bene come, ma in quel periodo scoprii che uno dei cento esemplari sopravvissuti di un famoso incunabolo stampato a Venezia nel 1499 da Aldo Manuzio, la prima preziosa edizione dell’Hypnerotomachia Poliphili (detto Il Polifilo) e considerato il più bel libro nella storia della stampa, era custodito proprio nella Biblioteca Oliveriana. All’epoca non avevo alcuna chance di vederlo di persona, ma lo considerai comunque un segno del destino, d’altra parte amavo (e amo tuttora) i libri e la storia della tipografia. Insomma il seme era piantato, il mio commissario, ancora senza nome, avrebbe avuto a che fare col Polifilo. Così fu. Il racconto, Pagine veneziane, non vinse a Cattolica ma fu segnalato dalla giuria e si meritò così la menzione sul Giallo Mondadori. Aldani iniziava il suo lungo cammino. Soltanto qualche anno dopo, grazie all’intercessione di Brunella, ho potuto letteralmente tenere in mano – anche se per pochi minuti – il Polifilo dell’Oliveriana, che il compianto direttore professor Antonio Brancati aveva tolto con attenzione dalla cassaforte. Come dicevo, i cerchi vanno chiusi…

Nota: non troverete i dettagli di questa storia nella diretta registrata, in quanto non ci sono (non avevo infatti il tempo per dilungarmi).

Francesca Ferrante legge un brano di Muro di nebbia (foto Ente Olivieri).
Antonino Di Gregorio, il vero mattatore della serata! (foto Ente Olivieri).

Concluso dunque quel preambolo a me così caro, la chiacchierata è proseguita tra le domande serissime di Brunella e di Antonino e le mie risposte. Ne faccio una sintesi un po’ arbitraria e rimando alla registrazione per i dettagli.

«Perché scrivo soltanto gialli?» Non è vero! Mi sono cimentato anche in un noir storico e in un cyber thriller! Però sì, Aldani è arrivato a quattro romanzi e svariati racconti, per cui, a ben vedere, posso in effetti definirmi un giallista.

«Come si inizia un giallo, o un thriller?» Ma in media res, perbacco! Cioè si parte in quarta con la storia. In realtà questo può valere per qualsiasi narrazione, anche se non è certo obbligatorio, ci mancherebbe.

«Perché Venezia?» Come, perché? Per via del mio amore sconfinato per quella città? In realtà lo spiego bene nella Nota dell’autore in calce alla prima edizione di Acqua morta:

Chiarisco subito: no, non sono veneziano, e un po’ me ne dispiace. Come il commissario Aldani, sono invece nato a Mestre, l’adorabile, sgraziata, impossibile Mestre, e lì ho trascorso infanzia e adolescenza fino ai miei vent’anni. Sono, pertanto, uno di terraferma, da sempre combattuto tra l’orgoglio del nativo continentale e l’invidia per gli indigeni lagunari. È forse così che il commissario Aldani è divenuto il mio personale strumento di rivincita nei confronti della sorte che mi ha fatto nascere mestrino.

«Aldani eroe o antieroe?» (questa era facile…) Antieroe, naturalmente! Poliziotto normale, a volte un po’ burbero. Molto burbero, in effetti. Penso a ciò che è rimasto impresso ai recensori inglesi dell’antologia The Book of Venice (Comma Press, 2021) in cui compare il racconto A Farewell to Venice. Ad esempio:

We finally get to meet Inspector Nicola Aldani, the irascible Venetian in Michele Catozzi’s Italian crime series, in The Book of Venice

Irascibile, ahah! Ma sto divagando. Rimando gli interessati al post dedicato al racconto A Farewell to Venice e all’Eco dell’Altana 3.

Antonino Di Gregorio, io (nella solita posa autorial-meditabonda) e Brunella Paolini, direttore della Biblioteca e dei Musei Oliveriani (foto Ente Olivieri).

«L’importanza della documentazione nella scrittura?» Essenziale! E giù a parlar di fonti e di beta reader, di controlli infiniti sul testo, per finire con la questione del dialetto e con quella enogastronomica. Come i dilemmi “batèo vs tragheto“, “casoìn vs biavarol“, “tramezzini triangolari vs tramezzini rettangolari” o il problema del periodo di pesca dei granchi. Cose importanti, insomma… In alcuni Eco dell’Altana i lettori interessati possono trovare, nella rubrica “Parole veneziane”, dotte disquisizioni in proposito.

«Scriverai ancora di serial killer?» Uhm… Credo di no. Forse. Boh, non so. Amo la veridicità nei miei romanzi: quanti omicidi seriali possono avvenire a Venezia?

«Però potresti mandare Aldani in trasferta in un’altra città…» Giuro che ci ho pensato. A Treviso Aldani già c’è stato (ad esempio nel racconto La tastiera vermiglia). Una volta pure a Napoli. Ci ragionerò su.

«Perché quei “Distici” a separare i capitoli?» No, non te lo dico! Però ne approfitto per chiacchierare di titoli e della loro importanza (almeno per me) nella stesura di un romanzo. Il titolo (anche se non definitivo) è prodromico all’inizio della scrittura vera e propria. Senza, non si può.

E infine le domande del pubblico.

«Qual è l’ordine di lettura delle indagini di Aldani?» Qualunque! L’ordine naturale è quello cronologico di pubblicazione, ma c’è chi ha preferito un 4-3-2-1 (che sembra uno schema calcistico… 🙂 )

«Un autore da consigliare?» Domanda pericolosissima. Mi salvo in corner citando il maestro Massimo Carlotto, che fu tra le mie fonti per Laguna nera con un romanzo sulla Mala del Brenta. Chi vuole può approfondirlo nell’Eco dell’Altana 4.

«Lo stile investigativo di Aldani contrapposto a quello della commissaria?» Altra domanda perigliosa. Me la sbrigo tacciando Aldani di essere un po’, come dire… Meglio che non lo scriva, scopritelo nella registrazione… 🙂

«Progetti per una trasposizione cinematografica?» Eterna domanda senza risposta, visto che non dipende da me. Accenno alla difficoltà (tutta ipotetica) di trovare un bravo attore che impersoni Aldani, e qui parte la polemica con Antonino sull’equazione “Montalbano = Zingaretti”. Omissis.

A microfoni quasi spenti arriva la bordata del presidente dell’Ente Olivieri, Fabrizio Battistelli, che non solo ha ascoltato con attenzione per un’ora, ma ha posto due domande davvero toste: «Non sono un po’ tanti questi poliziotti italiani che fanno investigazioni? E qual è il vantaggio competitivo di Aldani?» Aiuto! Alla prima domanda non si può svicolare. Sì, sono tanti, e non so bene perché. Il motivo più plausibile è forse da ricercarsi nella legge della domanda/offerta: i lettori leggono molti gialli/noir/thriller dunque gli autori scrivono molti gialli/noir/thriller. Sulla seconda domanda non ho dubbi: Aldani è un poliziotto normale, però se questo sia o meno un vantaggio competitivo, non sta a me dirlo. Guardo Antonino, che mi ha cazziato un paio di volte. Stavolta sono stato modesto, dico sorridendo.

Si chiude così questo evento (per me davvero) memorabile. Grazie a chi lo ha reso possibile.

Ecco, infine, la registrazione video della diretta su Facebook:

Di nuovo io (in posa più normale, con microfono a 90° come suggerito da Antonino) e di nuovo Brunella Paolini. D’altra parte, quando mi ricapita? (foto Ente Olivieri).

Nella foto di apertura: lo splendido cortile della Biblioteca Oliveriana (foto Ente Olivieri).

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