Un SÌ al referendum: per salvare Venezia

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Venezia e il Ponte della Libertà - Didier Descouens [CC BY-SA 4.0]

Confesso di essere stato a lungo combattuto. Ho sempre pensato che non fosse una buona idea separare Mestre da Venezia, per tante ragioni su cui non mi dilungherò, e nel 1979 ho potuto esprimere la mia contrarietà votando al primo dei quattro precedenti referendum. Nato a Venezia-Mestre (o, per dirla con un moto di orgoglio terrafermicolo, a Mestre-Venezia) avevo 19 anni compiuti da una settimana, una tessera elettorale fresca di stampa e idee chiare sul mondo che non lasciavano spazio a compromessi.

Ero nato “deàdalponte” ma mi sentivo veneziano.
Credevo nel comune unico.
Ora non più.

Quella volta andò che votò il 79% e i Sì ottennero soltanto il 27,7%. La cosa si ripeté nel 1989 (non votai perché mi ero trasferito a Treviso): 74% con i Sì al 42,2%. Nel 1994: 67% con i Sì al 44,4%. Infine nel 2003: 39,3% (dunque quorum non raggiunto) con i Sì al 34,7%.

Vorrei sgombrare il campo: al referendum dell’1 dicembre (lo dico per bene: “referendum regionale consultivo sulla suddivisione del Comune di Venezia nei due comuni autonomi di Venezia e Mestre”) si deve andare a votare.

Si deve votare al referendum perché è un diritto fondamentale.
A prescindere che si voti Sì, No o scheda bianca.
A prescindere dalla propria fede politica.
A prescindere che si abiti a Mestre o a Venezia.

Alcuni, in queste settimane, hanno tentato di delegittimare un appuntamento che è un diritto di ogni cittadino, arrivando al punto di promuovere l’astensionismo, una sorta di inaccettabile “io vado al mare” di craxiana memoria. VERGOGNA!

Forse qualcuno teme che stavolta le cose andranno diversamente dal passato? Io ne sono convinto.

I Sì a Venezia stanno montando come le maree di questi giorni.
I No sono sempre meno convinti.
I Sì a Mestre crescono perché i mestrini hanno capito.
I No sono sempre meno argomentati.

La cosa che dà da pensare è che i No vengono soprattutto da una parte di quell’establishment politico e imprenditoriale che avrebbe molto da perdere dai nuovi equilibri amministrativi. I cittadini invece la vedono diversamente.

Se continua così i Sì travolgeranno i No, a meno che… 

A meno che si fallisca il raggiungimento del quorum. Il rischio purtroppo è concreto: dei 260.000 abitanti del comune unico, ben il 68% (180.000) vive in terraferma, e soltanto il 32% (80.000) in laguna, per cui se i mestrini non andassero a votare in massa, ogni sforzo sarà stato inutile. Ecco spiegate le ragioni del tentativo di “boicotaggio” a favore dell’astensione.

Mestre e Venezia sono due città totalmente diverse.
Questo è fuori discussione.
Io continuerò ad amarle entrambe, anche separate.

Una volta ero convinto che bastassero amministratori capaci per conciliare le esigenze diametralmente opposte delle due città, e invece la classe politica che ha governato in questi anni si è rivelata in gran parte miope e incapace di agire, per non dire di peggio. Per questo motivo ho cambiato idea e oggi sono per il Sì. 

La separazione favorirebbe l’adozione dello Statuto Speciale.
Una Venezia solo insulare garantirebbe sindaco e giunta “veneziani”.

In tanti prima di me hanno autorevolmente spiegato le ragioni del Sì. Dirò soltanto che la separazione favorirebbe l’adozione dell’anelato Statuto Speciale (quasi impossibile da ottenere se il territorio comunale includesse la terraferma) che porterebbe certezza di entrate, mentre adesso tocca elemosinare a Roma il periodico rifinanziamento della Legge Speciale. Inoltre un comune di Venezia soltanto insulare garantirebbe l’elezione di sindaco e giunta “veneziani”, che conoscano bene i problemi della propria città e che alla loro soluzione si dedichino completamente.

L’affollatissimo incontro sul referendum all’Ateneo Veneto.

In queste settimane, nell’ambito della battaglia di disinformazione per “sabotare” il referendum, sono girate molte fake news a proposito delle catastrofiche conseguenze negative della separazione. Prendetevi mezz’ora e leggete il lucido dossier che il Gruppo 25 Aprile (la “Piattaforma civica e apartitica per Venezia e la sua laguna” che tanto sta facendo per la città) ha distribuito in occasione del dibattito “Riflessioni sul referendum – Visioni a confronto” tenutosi domenica 24 novembre in un Ateneo Veneto strapieno nonostante l’ennesima acqua alta. Ci sono andato. Nonostante, per l’appunto, l’acqua alta. L’intero dibattito, illuminante, è disponibile online. Ascoltatelo. 

A proposito, la recente aqua granda con il suo sciame infinito di acque alte e le inarrestabili polemiche sull’ignavia politico-amministrativa nel risolvere i problemi di Venezia, non ha fatto altro che sottolineare, se ce ne fosse bisogno, lo stato di abbandono in cui versa la città e, ne sono convinto, potrà giocare un ruolo decisivo nel far prevalere i Sì, in particolare in laguna.

L’aqua granda del 2019 farà pendere la bilancia verso il Sì.

All’epoca del primo referendum ero un mestrino doc, fiero del mio codice fiscale terminante in “F159” (il vecchio codice catastale di Mestre) poi sostituito con “L736” (quello di Venezia). Fiero di abitare a Mestre-Venezia e non a Venezia-Mestre. Dettagli, direte. Quisquilie, certo. Piccole cose, che però rendono il senso di appartenenza anche dopo tanti anni di “esilio”.

Oggi affermo che sono nato e vissuto per vent’anni a Venezia-Mestre.
Domani, se vinceranno i Sì, continuerò a dire lo stesso.

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