Amarcord: come il Mac conquistò una redazione

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Quando, qualche settimana fa, il web ha festeggiato con iniziative le più disparate i 30 anni dalla nascita del primo Apple Macintosh (era il 24 gennaio 1984), sono stato colto da una sorta di amarcord che mi ha portato a rovistare tra le mie vecchie carte. La ricerca non è stata facile, ma alla fine mi sono imbattuto in quel primo numero datato 1991 dell’house organ della MOS80 di Verona, storica azienda informatica che all’epoca era anche un Apple Centre.

Sul notiziario in questione, stampato a due colori (nero e verde), compare un articolo a mia firma nel quale racconto il passaggio (risalente a due anni e mezzo prima) dalla realizzazione “manuale” della rivista mensile Auto d’Epoca, a quella informatizzata tramite Desktop Publishing (DTP). Il tutto, ovviamente, grazie ai Mac…

Un vero e proprio tuffo nel passato recente, di quando il DTP era ancora una faccenda per pochi pionieri. Io ero tra quelli, e ripubblicando in calce a questo post quel vecchio articolo, voglio festeggiare a modo mio un eclatante anniversario.

Credit foto: “MacIntosh Plus img 1317” by Rama. – Own work. Licensed under CC BY-SA 2.0 fr via Commons.


Da MOS80 Informazione, n. 1 Settembre 1991 – Notiziario di MOS80 – Verona

…ci orientammo senza esitazione verso sistemi Apple Macintosh sulla cui facilità di utilizzo avevamo sentito grandi cose”. La Case History di questo mese: il mensile Auto d’Epoca, una delle prime redazioni a preferire Macintosh per la realizzazione della rivista interamente all’interno della redazione.

Da tempo pensavamo di cambiare radicalmente il modo di fare la rivista. I tempi di realizzazione erano ormai divenuti ingestibili e non adeguati alle nuove esigenze di crescita e di puntualità in edicola.

Il metodo di lavoro era quello classico che vedeva impegnate tre entità esterne: la fotocomposizione per i testi, lo studio grafico per l’impaginazione manuale attraverso le strisciate, la fotolito per le pellicole delle immagini.

L’idea che avevamo in testa era un po’ nebulosa, anche perché all’epoca (parliamo della fine del 1988) non erano poi molti gli esempi di prodotti editoriali realizzati attraverso strumenti di DTP. L’obiettivo era realizzare in redazione la composizione e l’impaginazione con inserimento di immagini acquisite da uno scanner per dare a video il taglio alle immagini, fermo restando l’uso della fotolito per la realizzazione delle quadricromie. Esisteva poi una sezione della rivista, una ventina di pagine circa, di annunci economici con fotografie e piccola pubblicità a moduli che stava ormai diventando un incubo per la difficoltà di impaginazione. Volevamo automatizzarla realizzando le pagine complete di mezzetinte. Queste le nostre esigenze.

Dopo una breve indagine su ciò che offriva il mercato del DTP ci orientammo senza esitazione verso Macintosh sulla cui facilità di utilizzo avevamo sentito grandi cose. Ci avvicinammo, dunque, a un rivenditore Apple di riconosciuta serietà ed esperienza nel campo grafico-editoriale: MOS80 di Verona che, dopo un’ulteriore analisi delle nostre esigenze, ci portò alla scelta di XPress come impaginatore, stampante laser, scanner Sharp a colori, disco removibile, Word, File Maker e Image Studio per le mezzetinte.

Tutto sommato sembrava più semplice del previsto, anche se ci sentivamo dei pionieri (oggi ormai le riviste realizzate attraverso DTP non si contano più). Ma il problema più grosso era costituito dai tempi necessari per il passaggio dal metodo di lavoro tradizionale a quello nuovo. I nostri consulenti davano per certo un arco di tempo di non meno di tre mesi, indispensabili per l’affiancamento dei nuovi sistemi a quelli tradizionali, e questo soprattutto per ridurre al minimo il rischio di ritardi. La rivista, infatti, avrebbe dovuto continuare a uscire regolarmente ogni mese in edicola. Da parte nostra l’esigenza era quella di realizzare il cambiamento il più rapidamente possibile in quanto esso costituiva il primo gradino verso un rivoluzionamento della tecnica di produzione della rivista che prevedeva il passaggio da una fotolito classica ad una con sistema integrato e dalla stampa piana a quella in rotativa, passaggi che presupponevano per l’appunto la capacità della redazione di consegnare il materiale in tempi molto stretti e con un livello di qualità di gran lunga superiore.

Con queste premesse decidemmo di fare il gran salto da un mese all’altro, in termini pratici chiudemmo in modo tradizionale il numero di febbraio ’89 confidando di poter realizzare con i nuovi sistemi quello di marzo. Ripensandoci a distanza di oltre due anni non possiamo fare a meno di ammettere che fu una decisione a metà strada tra l’incoscenza e la follia, ma tale era la nostra fiducia nei mezzi elettronici che avevamo deciso di utilizzare, che ci buttammo nell’impresa senza esitazione nonostante i consigli alla prudenza che ci venivano da più parti.

Nel giro di tre giorni macchine e programmi furono installati e venne tenuto un brevissimo corso di addestramento, giusto per darci la possibilità di usare le macchine. La sfida contro il tempo era iniziata. Dopo una settimana avevamo preso confidenza con computer e programmi ed avevamo già preparato le gabbie per la rivista: potevamo iniziare ad impaginare! Visti i tempi ridottissimi decidemmo di ricreare elettronicamente la rivista tale e quale a prima, compresi font, titoli, gabbie …; per la sperimentazione di nuove forme grafiche avremmo avuto tutto il tempo successivamente.

Fortunatamente tutto procedette senza grossi intoppi e con solo qualche giorno di ritardo rispetto ai tempi prestabiliti la rivista era realizzata. A dire il vero il primo numero non era migliorativo rispetto al precedente, ma il primo passo era fatto. Da quel giorno sono evoluti programmi e macchine; abbiamo scoperto possibilità creative prima impensabili. La rivista è cresciuta qualitativamente attraverso l’eccezionale flessibilità dei sistemi Macintosh uniti ad una estrema facilità d’uso che consente l’utilizzo al meglio delle loro possibilità anche da parte di operatori non specializzati. La riprova sono i tempi ridottissimi, dieci giorni, con cui è stato realizzato il passaggio da metodologie consuete a quelle informatiche da parte di una sola persona che, pur avendo una buona esperienza con computer tradizionali, non aveva letteralmente mai visto un Macintosh prima d’allora!

L’impatto dunque che l’uso di strumenti di DTP ha avuto nella produzione della rivista è stato così rivoluzionario che ogni tanto, ripensando a quando essa veniva realizzata alla vecchia maniera, ci viene naturale chiederci: ma come abbiamo fatto fino ad allora senza Macintosh?

Michele Catozzi*

(*) Michele Catozzi è Direttore Responsabile della rivista mensile “Auto d’Epoca”

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