Primo movimento
Ossessioni. È da lì che tutto ha inizio. E arriva il momento in cui si deve dare sfogo alle ossessioni, prima che sia troppo tardi e il cervello se ne vada in poltiglia.
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Ma è difficile stabilire quando sia davvero cominciato. Il ricordo sfuma in un passato lontano e spodestato da un oggi di modernità invadente. Qualche lacerto, però, ogni tanto riaffiora.
- L’enciclopedia Garzanti in cinque volumi del 1959. Copertina rigida blu notte. Era stata di mio fratello e io ci passavo sopra le ore a saltare da una voce all’altra, da un tomo all’altro, travolto dal fascino di quell’ipertesto ante litteram. L’ho conservata, e ora mio figlio sembra contagiato dallo stesso morbo. Non so se rallegrarmene.
- Un vecchio tema per casa delle elementari in cui disquisivo, con gli improbabili mezzi narrativi di cui disponevo, di giornali, settimanali, riviste, libri, usando parole più grandi di me ma con un entusiasmo che ancora oggi mi sorprende.
- I vecchi libri contabili della Cassa Peota in cui mio padre annotava con diligenza i movimenti dei soci. Libroni 30×40, con la copertina spessa e la rilegatura solida, in cui il blu acceso della Bic incolonnava i soliti versamenti settimanali da 500, 1.000, 2.000 lire. Non di più. Altri tempi. E io, affascinato dall’oggetto, usavo gli ampi spazi vuoti nelle pagine per disegnare, tracciare, copiare lettere e parole. Non ancora per scrivere, la prima elementare era di là da venire.
Secondo movimento
Ossessioni. Per il testo e per il suo, a quel tempo, naturale supporto, la carta. Si era negli anni ’60 e ’70, e il digitale era davvero lontano. Immagini…
- La tessera della fantomatica agenzia segreta fatta tutta a mano da me medesimo (avevo 6 anni) ritagliando la copertina di un quaderno e attaccandoci dei fogli con lo spago. Rilegatura filo refe?
- Le tavole (incomplete) del mio primo e unico fumetto, protagonista un maldestro topo cinese nella casa dei fantasmi. Inguardabili, davvero. Anche per un bambino di 9/10 anni.
- Le prime dieci pagine del mio primo romanzo, scritte per benino, nello stesso periodo del fumetto, con la macchina da scrivere di un amico. Ah, che oggetto, la macchina da scrivere, l’archetipo del creatore di testi, il demiurgo della scrittura. Il romanzo era un noir (si direbbe oggi), iniziava con un tizio che sparava a un altro per strada. Non avevo la più pallida idea di come proseguire, ma volete mettere usare la macchina da scrivere? Fu solo dopo molti anni che sarei riuscito a farmi comprare una Lettera 22. Il romanzo è andato perduto (per fortuna), la Lettera 22 no.
- Il giornalino di quartiere (della via…) realizzato sempre con la macchina da scrivere di quel mio amico (privilegiato, lui). Ne uscì un’unica copia, composta da un unico foglio. Ma era pur sempre un segnale.
Terzo movimento
Ossessioni. Una specie di malattia, il cui ovvio terreno di coltura, la carta, si è innestato con l’informatica. A quei tempi il termine informatica era un neologismo, e all’università si parlava di calcolatori e non di computer. In ogni caso il risultato è stato devastante. Altri frammenti…
- La vecchia, vecchissima macchina da scrivere elettrica Remington, regalatami da un amico svizzero, con quel font inimitabile. Ci scrissi lettere commerciali per dare una mano a mio fratello. Fu l’iniziazione.
- Dopo la Remington arrivò il telex. Una roba modernissima, elettronica, testina ad aghi, uno degli ultimi modelli prima che il telefax mandasse in pensione il telex. Io lo usavo per scrivere delle cose mie. Unico problema: stampava su un rullo di carta speciale in triplice copia…
- All’università mi iscrissi a Ingegneria Civile (fino all’ultimo combattuto con Fisica). Dopo un anno, era il 1981, capii che la rivoluzione informatica mi era più consona, e passai a Elettronica (la laurea in Informatica ancora latitava).
- Un giorno, l’assistente del mio relatore (questi era – ed è ancora oggi – docente di “Sistemi operativi”) mi fece vedere sul suo PC la nuovissima versione del Ventura Publisher, un software di impaginazione che allora andava per la maggiore. Rimasi folgorato.
- Il Ventura non potevo certo permettermelo, ma il giornalino del club di auto d’epoca lo volevo comunque fare, per cui scovai un software che mi componeva le colonne nel font che volevo io (stampante ad aghi, immaginatevi il risultato), per il resto gran lavoro di forbici e colla, come i fotocompositori veri, e infine fotocopiatura A3 con piega e pinzatura manuale. La mia prima rivista…
Quarto movimento
Ossessioni. Gli eventi ebbero il loro corso. Dopo l’università e la parentesi demenziale del militare, era il 1988, mi lasciai attrarre dal buco nero dell’editoria, gettandomi senza pensarci nella fucina di una rivista specializzata, Auto d’Epoca, traghettandola dai vecchi sistemi editoriali (macchina da scrivere, fotocomposizione, strisciate, impaginazione manuale, pellicole, stampa) ai nuovi sistemi digitali (il Desktop Pubishing era una vera novità). Ci lavorai per quasi 10 anni giorno e notte, diventando piano piano anche un giornalista. Col tesserino. E senza mai un rimpianto. Ricordi…
- La cosa più piacevole che rammento dell’università è il lavoro che feci per un esame di informatica, non ricordo nemmeno quale. In termini tecnici feci il porting del programma di impaginazione nroff dal sistema operativo Unix a MS-DOS. In parole povere riuscii a far girare nroff, parente povero del software per composizione tipografica troff, sul mio povero PC. Lo usai per scriverci la tesi di laurea…
- Il grande salto avvenne con il fascicolo di marzo 1989 di Auto d’Epoca. Nelle settimane precedenti avevamo predisposto la redazione digitale (fummo tra i primi in Italia), composta di due Mac per la scrittura dei testi, e un Mac più grosso per l’impaginazione con il mitico XPress. E, indispensabile, una stampante laser… Fu un’impresa. Soprattutto quando XPress diede i numeri e rendendo illeggibile l’impaginato degli annunci di compravendita il giorno prima della chiusura. Fu allora che imparai l’importanza dei backup.
- Realizzare un rivista era eccitante. Ma un po’ per volta mi accorsi che scrivere gli articoli era pure meglio. I collaboratori erano quello che erano, e a volte toccava riscrivere di sana pianta. Anni e anni di gavetta che hanno lasciato il segno. La revisione è oggi il mio mantra.
- Galeotta la scrittura giornalistica, chissà, venni attratto dalla scrittura creativa. Racconti, tutto sommato passabili. E qualche romanzo abortito perché incapace di ordire una trama decente. Quel primo tentativo di tanti anni prima aveva lasciato il segno.
Quinto movimento
Ossessioni. Era il 1996. In Italia era arrivata Internet. Il mio io informatico reclamava attenzione, che diavolo era questa Internet di cui ancora pochi parlavano? Io, ingegnere elettronico a indirizzo informatico dovevo capirne di più. E mi lanciai in una nuova avventura che mi portò lontano dalla redazione, pur conservando il ruolo di direttore responsabile e rinnovando ogni mese nell’editoriale l’appuntamento con i lettori della rivista. Nel contempo trovavo spazio per la scrittura, sempre racconti, ma meno ingenui e con la tendenza ad andare un po’ lunghi. I tempi del romanzo stavano per giungere, infine. Anni memorabili…
- Portammo Internet dove i provider non arrivavano. Collegamenti via modem a 33.600. Poi a 56K. Quindi a 64K con l’ISDN. Poi arrivarono Telecom Italia, Libero e gli altri, con gli accessi gratuiti distribuiti su tutto il territorio.
- Costruimmo un’infrastruttura Internet con servizi basati su software open source. Linux, Bind, Apache, piattaforme web basate su PHP. E tutto l’armamentario del software libero. Mai piaciuti gli steccati imposti dal software proprietario.
- L’evoluzione del web lasciava senza fiato. Passammo dai siti fatti con l’HTML 3.2 statico, a quelli fatti con il famigerato MS Frontpage, poi fu l’ondata del Dreamweaver, infine i CMS open source. Ora la sfida del web2.0 e dei social network.
- La partecipazione ai concorsi letterari dava qualche frutto: un paio di pubblicazioni in antologia, diverse segnalazioni, una serie di racconti gialli ambientati a Venezia che mi hanno dato molte soddisfazioni. Poi il nulla. Senza un perché.
Sesto movimento
Ossessioni. Ancora oggi mi occupo per lavoro di reti telematiche, di Internet e di web. La famiglia, con tre figli piccoli, fagocita grande parte del tempo che rimane. La scrittura assorbe poi un’altra buona quota. Il resto lo passo a leggere e a studiare. Mi pongo domande. Mi do soluzioni a problemi che ancora non ho. Le parole continuano a ossessionarmi…
- Non so come, sono riuscito infine a superare lo scoglio della narrazione lunga. Ho ripreso a scrivere dopo un lungo stop. I romanzi sono tre [UPDATE: sei].
- Il noir storico Il mistero dell’isola di Candia, arrivato in finale al Torneo Letterario IoScrittore 2011 e in vendita come ebook sui principali store.
- Il giallo veneziano Acque morte, che vede il protagonista di tanti racconti alle prese con una storia lunga (era ora…). [UPDATE: Il romanzo ha poi vinto il Torneo Letterario IoScrittore 2014 ed è stato pubblicato in cartaceo da TEA con il titolo Acqua morta nel 2015.]
- Il cyber thriller Netcrash scritto sotto pseudonimo. Una storia molto attuale, fin troppo, tanto che la realtà spesso supera la fantasia.
- [UPDATE: Un secondo giallo veneziano, Laguna nera, pubblicato sempre da TEA nel 2017.]
- [UPDATE: Un terzo giallo veneziano, Marea tossica, pubblicato da TEA nel 2019.]
- [UPDATE: Un quarto giallo veneziano, Muro di nebbia, pubblicato da TEA nel 2021.]
- Vivo con dolore la transizione dal cartaceo al digitale. Ne comprendo le ragioni e riesco a convertire all’ebook amici riluttanti tessendone le lodi. Poi entro in libreria, non resisto e opto per il cartaceo. Questa cosa mi sta lacerando, prima o poi dovrò fare delle scelte.
Settimo movimento
Ossessioni. Sempre le solite. Il mio blog non può che racchiuderle tutte in sé, rivisitate in chiave attuale. Un assaggio…
- Editoria, giornalismo, modelli di business, crowdsourcing e UGC
- Editoria libraria, la carta vs. il digitale, l’ascesa degli ebook
- Scrittori esordienti, editor e editori, self publishing, piattaforme
- Web2.0, social media, web culture, blog, CMS & co.
- Grafica old school, typography, interfacce e usabilità
- Web design, standard, multicanalità, responsive design
- Internet history, epopea informatica, colonialismo digitale
- Hacking, sicurezza, big data, privacy, luci e ombre
- Le grandi infrastrutture di Internet e il cloud
Termini iniziatici, ma ricadute concrete per tutti. Una grande sfida, la mia. Per la vastità delle ossessioni, ma soprattutto per il tempo che scarseggia. Mi ci metterò d’impegno.
Michele Catozzi
P.S.: questo testo è stato scritto con due portatili e un Ipad, usando il servizio cloud di Editorially [UPDATE: Editorially purtroppo ha chiuso i battenti qualche mese dopo], revisionato solo online e pubblicato sulla piattaforma WordPress.org in hosting sul data center londinese di un cloud provider americano. Non un grammo di carta (per il momento…) è stato consumato. Anche se…