Ferragosto partenopeo, un nuovo racconto del commissario Aldani

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Foto di Kelly Lacey (@kelly-1179532 licenza pexels.com)

Stavolta il commissario Aldani si trova a indagare su un misterioso agguato in un città che non è Venezia. Il racconto è collocato nell’estate del 2010, quando il nostro è da poco stato aggregato pro tempore alla Questura di Treviso e un favore personale lo porta in una torrida Napoli a incontrare un vecchio collega ispettore della Squadra mobile. Tra una pizza e una sfogliatella, un sopralluogo e una corsa nel traffico, i due si destreggeranno per chiarire il caso irrisolto della morte di un antiquario veneto.

Il racconto ha avuto una genesi interessante, nonché un’evoluzione narrativa parimenti considerevole, ma visto che ho già scritto tutto nella Nota dell’autore in calce allo stesso, non mi dilungo oltre e la riporto qui integralmente.

Nota dell’autore a Ferragosto partenopeo

Il lettore potrebbe chiedersi “perché Napoli?”.
È presto detto: la prima versione di questo racconto giunse finali­sta al concorso letterario “Napoli in Giallo”, il quale prevedeva un’ambientazione partenopea. Mi riferisco a innumerevoli anni fa, quando le indagini del commissario Aldani avevano da poco iniziato a popolare alcune storie veneziane, e io avevo per l’appunto sottoma­no un’interessante trasferta del mio poliziotto in una Napoli torrida e ferragostana.
Al di là del buon piazzamento, purtroppo quell’anno il concorso letterario chiuse per sempre i battenti e non seppi mai quale livello di gradimento il racconto avrebbe potuto riscontrare nella giuria.
Sono però affezionato a quella storia, per cui ho deciso di ripren­dere il racconto, revisionandolo per togliergli la patina degli anni e so­prattutto per scandagliarlo alla ricerca di tutte le castronerie partenopee a cui inevitabilmente un veneziano di terraferma rischia di andare incontro.
A questo proposito, se il racconto è privo dei soliti cliché campani ed è invece spruzzato con la giusta dose di napoletanità il merito va tutto a Lidia Del Gaudio e a Maria Iervolino, care amiche e valide scrittrici con le quali condivido da anni l’editing incrociato di qua­lunque testo narrativo e che, soprattutto, hanno visto letteralmente nascere la prima indagine di Aldani (Acqua morta), dando un contri­buto determinante a tutte le successive.
Tanto per capirci, Lidia è un’autrice poliedrica di cui segnalo sol­tanto (per vicinanza di tema) Il delitto di via Crispi n. 21 (Fanucci Ti­meCrime, 2019) e Il delitto di Vico San Domenico Maggiore (Fanucci TimeCrime, 2021), con le indagini del commissario Alberto Sorrenti­no nella Napoli degli anni ’30 e ’40.
Maria, oltre ad avere curato un numero incalcolabile di antologie di racconti e ad aver editato decine di romanzi, ha da poco pubblicato il “suo” romanzo, Il cimitero delle bambole (Gruppo Editoriale Mau­ri Spagnol, 2022).
Non ho però detto la cosa più importante: Del Gaudio e Iervoli­no sono soprattutto napoletane doc! Chi meglio di loro avrebbe po­tuto revisionare questo racconto?
In conclusione è merito di Lidia e di Maria se non ho scritto stu­pidaggini su Napoli, mentre tutte le altre eventuali sciocchezze sono, ovviamente, farina del mio sacco…

E ora che sapete tutto, vi auguro una buona lettura!

N.B.: il racconto inedito viene inviato soltanto ai lettori che mi hanno lasciato la propria email. Se non lo avete già fatto, potete farlo qui, se vi va:

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