La lunga avventura editoriale vissuta con Auto d’Epoca

0

(Il testo che segue è stato pubblicato, nella forma di editoriale dal titolo “Una lunga avventura”, sulla rivista Auto d’Epoca di Novembre-Dicembre 2018)


Il numero di Novembre-Dicembre 2018 della rivista Auto d’Epoca, l’ultimo su cui ho firmato l’editoriale.

Cari lettori, non è facile concludere un dialogo iniziato nel remoto febbraio del 1988 e proseguito ininterrottamente per trentun anni, ma giungono momenti nella propria vita in cui è giusto lasciare spazio a nuove idee e a nuove energie, tanto più quando urgono scelte personali.

Trentun anni significano ben 334 numeri di Auto d’Epoca, senza contare supplementi e allegati vari. Con 3.500 battute di media a editoriale, fanno in totale oltre un milione di caratteri, l’equivalente di un paio di romanzi. Un vero e proprio fiume di parole che in tutti questi anni ho scritto per voi, fedeli lettori della rivista, cercando di dare un senso alla tumultuosa attualità inquadrandola da punti di vista originali e, spero, interessanti. L’irrinunciabile appuntamento mensile con l’editoriale è stato per me sempre una grande piacevole sfida, anche se ogni tanto, lo ammetto, ho faticato a condurlo in porto.

Più di una volta gli editoriali sono stati l’occasione per lanciarmi in arditi amarcord di quando ero bambino, naturalmente legati al mondo delle quattro ruote, e come poteva essere altrimenti per uno che ha vissuto la propria infanzia negli anni Sessanta, quando l’oggetto automobile era ancora carico di simboli oramai scomparsi dal radar dei bambini di oggi, e lo dico con cognizione di causa…

In Auto d’Epoca, in questi anni, mi sono cimentato in ruoli diversissimi. Dalla “cucina” di redazione al reportage agonistico, dal coordinamento editoriale alla direzione responsabile, passando per grafica, impaginazione, produzione, finanche montaggio stand alle esposizioni!

Ho imparato molto, a volte anche sbagliando. Ricordo con particolare emozione quando nel 1989 organizzammo il passaggio dalla realizzazione manuale (con strisciate di fotocomposizione, menabò cartacei e pellicole di fotolito) a quella informatizzata: fummo tra i primissimi in Italia a utilizzare sistemi di desktop publishing, e ne vado ancora fiero. Ricordo La Guida, mitico supplemento in formato tascabile del 1989, più volte imitato e scopiazzato. Ricordo quando nel 1993 ideammo La Gazzetta, che ancora oggi vive nella rivista. Ricordo le tante inchieste che pubblicammo, tentando di denunciare i cattivi andazzi di certo collezionismo votato più all’affarismo che alla passione… Potrei continuare, ma mi fermo qui. I numeri di Auto d’Epoca da febbraio 1988 a dicembre 2018 sono lì a testimoniare il risultato di tanto appassionato lavoro. Ai lettori il giudizio definitivo.

Nel tempo la mia vita personale si è intrecciata a quella professionale, trovandomi a condividere su queste pagine momenti di gioia e momenti di dolore. Come quello per la morte di mia madre nel 1994 e di mio padre nel 1999, o la gioia per la nascita dei miei tre figli nel 2006, nel 2008 e nel 2009.

Questi anni mi hanno offerto l’occasione di conoscere persone. Colleghi, appassionati, collaboratori, lettori. Con molti ci si è persi di vista, altri, ahimé, non ci sono più. Con qualcuno si è invece creato un legame che va al di là del rapporto professionale. Non faccio nomi, per non far torto a nessuno. Loro, comunque, sanno.

È giunto dunque il momento di salutarci. Una nuova sfida mi attende, non più come giornalista ma come romanziere, e poiché il tempo è tiranno ed essendo lontani gli anni multitasking in cui riuscivo a fare tante cose contemporaneamente, sono costretto a scegliere.

Sono tranquillo perché, cari lettori, so di lasciarvi in ottime mani, quelle di mio fratello Maurizio, infaticabile ideatore, patron, deux ex machina o anima che dir si voglia di questa rivista che è riuscita per un terzo di secolo ad attraversare indenne i mari perennemente agitati dell’editoria, mantenendo fede alla propria libertà di espressione e indipendenza di pensiero, anche a costo di divenire scomoda. Mio fratello Maurizio, che per trentun anni ho accompagnato in questa lunga avventura, a volte da vicino, altre volte da lontano ma sempre con la medesima passione e con tanto cuore per voi lettori.

Un abbraccio a tutti e, citando il grande Douglas Adams sull’onda del nerd che ancora alberga in me, “addio, e grazie per tutto il pesce“!

Michele Catozzi

Previous articleAndrea G. Pinketts ci ha lasciato
Next articleSta per arrivare la terza indagine del commissario Aldani!