Quel memorabile collegamento a Internet

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Oggi è un anniversario importante per l’Internet italiana: trent’anni fa il nostro Paese veniva interconnesso per la prima volta alla rete Arpanet, la progenitrice di Internet.

Confesso di aver meditato a lungo se scriverci su. Il tema è a me particolarmente caro (a dimostrazione potete leggere qui) ma non amo gli anniversari e le ricorrenze, o meglio, ne sono ossessionato al punto che preferisco dimenticarmene per tema di non virverli appieno… In questo caso era impresa difficile (dimenticarsene, intendo), visto il tam tam mediatico che ha accompagnato l’evento, cioè la serie di eventi che hanno coinvolto le scuole italiane (cosa buona) e l’evento clou, quello con la “E” maiuscola, a Pisa, la città protagonista della prima connessione a Internet, a cui avrebbe dovuto partecipare il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che causa altro impegno è però comparso soltanto in videoconferenza.

La mia perplessità era in buona parte dovuta al sapore filogovernativo di tutta l’operazione che è divenuta la ghiotta occasione per rilanciare l’ennesimo proclama sull’atteso sviluppo della banda larga in Italia. Tanto mi bastava per defilarmi da questa sorta di grande festa pilotata.

Però…

Di che si tratta, innanzitutto? Ecco qui il link al sito dedicato, Italian Internet Day da cui cito:

Il 30 aprile del 1986 l’Italia per la prima volta si è connessa ad Internet: il segnale, partito dal Centro universitario per il calcolo elettronico (CNUCE) di Pisa, è arrivato alla stazione di Roaring Creek, in Pennsylvania. Quella prima connessione era la fine del progetto di un gruppo di pionieri; ed è stato l’inizio di una storia nuova.

Il sapore di proclama giunge però subito dopo:

Trenta anni dopo, il 29 aprile fino a notte, faremo in tutta Italia un Internet Day: per ricordare le gesta di chi ci ha creduto per primo; e per prendere da lì tutto lo slancio necessario a chiudere la partita iniziata allora. Banda ultralarga, competenze digitali, servizi digitali per tutti: è ora di accelerare. Come fecero 30 anni fa.

Ecco, tanto basta, per prendere le distanze. Tra le voci fuori dal coro, cito un terzetto di personaggi, come dire, alquanto di spessore, che sull’ottima rivista online TechEconomy non la mandano certo a dire: Stefano Epifani (Chief Editor della rivista e professore alla Sapienza di Roma), Giovanni Boccia Artieri (professore all’Università di Urbino di Sociologia dei new media ed esperto di culture digitali) e Alfonso Fuggetta (professore al Politecnico di Milano e amministratore delegato del Cefriel). Se ancora non li conoscete, sarà il caso di colmare la lacuna. Da parte mia ho avuto il piacere di ascoltare di persona Boccia Artieri e Fuggetta, e vi garantisco che è stata un’esperienza illuminante.

Scrive Giovanni Boccia Artieri (@gba_mm) in Internet: non ci abbiamo creduto abbastanza?

Non è che non ci siano state belle storie, entusiasmanti evoluzioni, cambiamenti evidenti. È che noi, non ci abbiamo mai creduto abbastanza. Noi politici. Noi imprenditori. Noi giornalisti. Noi educatori. E anche noi cittadini.

Scrive Stefano Epifani (@stefanoepifani) nel futuristico (nel senso di scritto nel 2036…) Mezzo secolo di storia di Internet in Italia: mezzo secolo per una rivoluzione di senso:

Trent’anni in cui la miopia della classe dirigente e l’incompetenza della politica avevano portato il Paese a perdere il treno dell’innovazione e sprofondare nel baratro dell’irrilevanza, tra agende digitali inutili e continui ritardi nelle opere infrastrutturali che sarebbero state indispensabili per metterlo nelle condizioni di competere sullo scenario internazionale.

Scrive Alfonso Fuggetta (@AlfonsoFuggetta) in Cosa stiamo festeggiando?:

Dobbiamo ricorrere ad una celebrazione per ovviare ai ritardi e alle carenze della nostra società. […] Per questo dobbiamo chiederci cosa festeggiamo oggi. Per evitare le illusioni e la retorica che ancora una volta ci stanno sommergendo, e per ricordare invece gli errori fatti e la tanta strada che abbiamo ancora di fronte a noi.

Detto ciò, consiglio comunque la visione dell’interessante documentario andato in onda ieri sera su Rai5, scritto da Riccardo Luca (giornalista e Digital Champion italiano) e diretto da Alice Tomassini. Il documentario è rivedibile online: Login. Il giorno in cui l’italia scoprì Internet.

Rimando inoltre a un articolo di Riccardo Luna su Repubblica, che ricalca in maniera fedele il contenuto del documentario: 1986-2016: trent’anni fa il primo ‘ping’ che collegò l’Italia a Internet

Scrive Luna:

Il collegamento tra Pisa e Roaring Creek, in Pennsylvania, avvenne intorno alle 18 del 30 aprile. Un passaggio storico che però passò sotto silenzio

Già, l’Italia era purtroppo distratta da un avvenimento gravissimo che calamitò l’attenzione dei media: l’incidente alle centrale nucleare di Chernobyl avvenuto giusto qualche giorno prima, il 26 aprile.

Io, in quei giorni, stavo dando gli ultimi esami all’università di Padova. La laurea in Ingegneria Elettronica, indirizzo Informatica, arrivò a marzo del 1987, e subito dopo ottenni una borsa di studio dall’Olivetti per lavorare all’università e fare, tra le altre cose, il system administrator di un Olivetti AT&T 3B2, un minicomputer con sistema operativo Unix che veniva utilizzato dagli studenti. Avrei delle cose da raccontare di quella mia esperienza di studio e di lavoro all’Università e, statene certi, prima o poi ne scriverò.

Per il momento rammenterò soltanto che in quella stessa primavera del 1987 ebbi l’opportunità di inviare la mia prima email via Internet, una di quelle missive che all’epoca si spedivano direttamente dal terminale del server con un comando tipo questo:

cat lettera.txt | mail -s “Oggetto” destinatario@dominio

(Cari bei vecchi tempi andati dell’informatica che fu… però, lo confesso, quei comandi li uso ancora oggi, dopo trent’anni, per spedire email di servizio dai server…)

Il destinatario di quella email era una delle mitiche università della West Coast californiana (purtroppo non ricordo quale, ma poteva essere l’UCLA di Los Angeles, l’UCSD di San Diego, l’UCB di Berkeley o giù di lì) alla quale il mio “capo”, il carissimo professor Francesco Bombi, mi aveva detto di chiedere i sorgenti di un qualche programma che volevamo modificare e che poi in effetti scaricammo via FTP (se non sapete cos’è l’FTP, non preoccupatevi, non vi perdete nulla).

Dieci anni dopo il primo collegamento italiano ad Arpanet, mi ritrovai invece coinvolto (era il 1996) in un progetto per portare Internet dove i provider all’epoca ancora non arrivavano (come ho accennato qui). Era l’epoca dei collegamenti via modem a 28.800, poi 33.600, quindi a 56K e infine a 64K con l’ISDN. Poi arrivarono Telecom Italia, Libero e gli altri, con gli accessi gratuiti distribuiti su tutto il territorio…

La storia poi continuò, ma qui rischio di andare fuori tema. Sarà per un’altra volta.

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